Dr.ssa Sara Verdini

Psicologa, Consulente Tecnico e Psicomotricista Funzionale

Categoria: Pillole di Psicologia

Jung, demoni e ombre

Eddie the Head è la mascotte del gruppo Hard Rock Iron Maiden.

E’ sempre raffigurata nella copertina dei loro album in situazioni e con aspetti diversi; dal 1980 appare anche fisicamente ai concerti, irrompendo sul palco tra i membri del gruppo. Eddie è una figura difficile da definire: è un mostro, uno scheletro, uno zombie.. o tutte e tre le cose insieme? Fà paura sia nell’aspetto sia nel suo rendersi difficilmente definibile.

Chi è Eddie?

Eddie rappresenta le angosce, le paure, i demoni che abbiamo dentro, le emozioni come l’aggressività, la rabbia, l’invidia, la gelosia, la vergogna. Eddie è la nostra ombra, come direbbe Jung. Dai contorni sfumati, la nostra ombra non si fa conoscere: viene negata e spesso trasferita agli altri.. la nostra ombra fa paura: come direbbero gli stessi Iron Maiden:”Fear of the dark”.

 

Rifiutare la nostra ombra porta a delle conseguenze importanti, come la scissione, rendendo l’ombra indipendente e con vita autonoma (ce lo ricorda “Lo strano caso di dr.Jekyll e Mr.Hyde”) e l’identificazione continua con la cattiva impressione che abbiamo di noi stessi (creandoci ostacoli che in realtà esistono solo nella nostra mente).

L’ombra esiste e ha bisogno di esprimersi.

Solo nell’oscurità completa non si ha ombra. E’ la luce che mi permette di conoscere la mia psiche, mettendomi di fronte anche alla mia ombra: Eddie infatti irrompe sul palco durante il concerto, si rende visibile, sfidando il nostro desiderio di combattere le ombre, di neutralizzarle.

E’ però impossibile sfidarle: combatteremmo contro una parte di noi che in realtà ci definisce e ci dà forma, in qualche modo. Abbracciare la nostra ombra, accettare la sua esistenza e la sua presenza, così come Eddie è presente sui dischi e nei concerti, ci consente di abbracciare i nostri demoni, allearci con loro e acquisire nuova energia psichica.

 

Eddie the Head è diventato un nostro alleato non contro il buio, ma contro la paura stessa del buio.

 

“Non si diventa illuminati perché ci si immagina qualcosa di chiaro, ma perché si rende cosciente l’oscuro”

JUNG, Opere

Musica 8D: ascoltiamo davvero “con il cervello”?

Negli ultimi giorni stanno girando sul web e sui Social molte canzoni elaborate in 8D, con la raccomandazione di ascoltarle con le cuffie per avere un’esperienza di ascolto nuova, definita da molti come “l’ascoltare la musica con il cervello”.

In realtà le sperimentazioni in 8D sono vecchie, ma sicuramente si sono migliorate nel corso del tempo, grazie a strumenti e programmi digitali che permettono di modificare l’equalizzazione e le frequenze del suono.

Il risultato durante l’ascolto è davvero particolare: la sensazione è che la musica si “sposti” da una regione all’altra della nostra testa, in modo fluido.

Se non hai mai provato, ti consiglio questa: https://www.youtube.com/watch?v=T2ggYdgq8hc

La raccomandazione è ovviamente quella di ascoltarla con le cuffie.

 

Ma come funziona questa musica?

Si ascolta davvero con il cervello?

 

In realtà OGNI COSA viene ascoltata con il cervello! Per comprendere meglio il meccanismo della musica 8D, è necessario capire come in realtà funziona il cervello e il sistema uditivo quando percepiamo i suoni. Alcuni spunti utili provengono dalla Psicoacustica, ovvero dalla percezione soggettiva dei suoni. La Psicoacustica è infatti lo studio della Psicologia della percezione acustica.

Il nostro sistema uditivo

Molto brevemente, l’orecchio può essere diviso in tre parti: orecchio esterno, medio e interno. L’orecchio esterno, costituito dal padiglione auricolare e dal meato uditivo esterno, incanala il suono verso la membrana timpanica e l’orecchio medio, dove il suono viene amplificato attraverso i tre ossicini – martello, incudine e staffa. L’orecchio interno contiene la coclea, che trasforma le onde sonore in segnali neurali acustici. La coclea ha una struttura a spirale piena di liquido, che contiene delle cellule ciliate connesse al nervo uditivo: queste, “muovendo le ciglia”, convergono l’energia sonora in segnali neuronali. Gli impulsi provenienti dall’orecchio viaggiano attraverso il nervo uditivo e le fibre nervose uditive vanno da ciascun orecchio a entrambi i lati del cervello, raggiungendo delle porzioni corticali diverse: la corteccia uditiva primaria e corteccia uditiva secondaria. In entrambi i nuclei della corteccia uditiva, le cellule sono organizzate in ordine di frequenza: queste cellule possono produrre una risposta, ovvero attivarsi, a specifiche fonti di suono o a suoni specifici.

 

Come riusciamo a determinare la provenienza di un suono?

Così come avere due occhi garantisce maggiori abilità visive, così avere due orecchie assicura maggiori abilità uditive. L’uso di due orecchie è detto rilevamento binaurale e garantisce la capacità di localizzare una fonte sonora, ovvero da dove arriva un suono: dietro di noi, davanti, di lato, sopra, sotto.

La capacità di localizzare la fonte sonora dipende sostanzialmente da tre indici: la differenza di tempo di arrivo, la differenza di fase e l’ombra sonora.

La differenza di tempo di arrivo (o differenza di latenza) si riferisce al diverso tempo in cui un suono arriva a ciascun orecchio, anche se tale differenza può essere piccola quanto una frazione di millisecondo.

La differenza di fase si riferisce al fatto che diverse porzioni dell’onda sonora arrivano a ciascun orecchio in un dato momento: quindi se un orecchio è stimolato da una porzione ad alta frequenza dell’onda sonora, l’altro potrebbe essere stimolato da una a bassa pressione.

Infine, l’ombra sonora è relativa alla posizione della nostra testa rispetto al punto di provenienza del suono: le informazioni provenienti dal lato della testa rivolto verso il suono saranno più intense rispetto al lato della testa non rivolto verso il suono.

 

 

Il meccanismo utilizzato nella musica 8D quindi, fa riferimento alle diverse fasi dell’onda sonora con cui vengono stimolate le due orecchie, oltre alle diverse frequenze presentate all’orecchio destro o all’orecchio sinistro.

 

Il cambiamento nell’equalizzazione dei suoni, l’uso delle diverse percezioni stereofoniche e una diversa regolazione delle frequenze fa sì che il suono sia percepito come proveniente da diverse posizioni intorno a noi: davanti, dietro, di lato, ecc..

 

In tal modo quindi non è vero che “ascoltiamo la musica con il cervello”, perché tutta la musica viene ascoltata con il cervello! Semplicemente diamo degli stimoli diversi al nostro sistema uditivo, “ingannando” il cervello sulla reale provenienza del suono. Il nostro cervello cerca di informarci sulla diversa localizzazione della fonte sonora, ma in realtà sono le diverse frequenze del suono, che fanno percepire diversi punti di provenienza del suono stesso.

 

dr.ssa Sara Verdini

 

 

Perché è difficile cambiare?

Problema: ti vengono date della candele, una scatola di fiammiferi e un pò di puntine. Come puoi appendere a una parete le candele accese?

Si può cambiare?

Ovviamente cambiare si può: talvolta è indispensabile, oltre che desiderato.. specialmente se facciamo esperienza di disagio e difficoltà quotidiane. Ma sappiamo che non è facile.

Non è facile anche perché, prendendo spunto da alcune teorie sull’intelligenza e sul pensiero, vi sono dei meccanismi di ragionamento che la nostra mente adotta per sopravvivenza o per minor spreco di energia mentale che operano come ostacoli di fronte al cambiamento.

Se non riesci a cambiare non è colpa tua…beh, quasi. 

Per esempio, di fronte ad un nuovo problema, il nostro pensiero produttivo ci permette di cogliere nuove proprietà degli elementi del problema, i quali vengono così pensati e utilizzati in nuovi ruoli, oppure in una prospettiva diversa. Si attua così una “ristrutturazione” del pensiero, comportando la trasformazione del punto di vista dal quale il problema è analizzato, la scoperta di nuovi rapporti, nuove attribuzioni. 

Ma ecco che interviene la “fissità funzionale”, ovvero la tendenza a impiegare gli elementi del problema secondo il loro uso comune, quando invece la soluzione prevede che tali elementi vengano impiegati in un ruolo insolito (hai già risolto l’enigma proposto inizialmente?).

Stessa cosa per la “meccanizzazione”, ovvero la tendenza a ripetere la stessa strategia già attuata con successo nel passato: magari la nuova situazione potrebbe essere risolvibile in altri modi, ma, per “economia” delle risorse, viene riproposta una vecchia strategia, anche se non più funzionale. 

Oppure, la tendenza a trasferire da un contesto all’altro la stessa impostazione, senza cogliere la diversità di struttura che esiste tra due contesti (“atteggiamento latente”): una persona con un proprio modo di rispondere a una certa tipologia di problemi tende a rispondere a un diverso genere di problemi con la stessa modalità, anche se non è adeguata. 

Come si può “cambiare”?

Cambiare si può, anche se non è facile. E solamente conoscere alcuni dei meccanismi di pensiero qui citati, si può cambiare più consapevolmente!

O meglio, conoscere ed essere consapevoli di quanto avviene nella nostra mente (a livello inferiore), ci rende più abili ad oltrepassare questi ostacoli. Possiamo operare una “metacognizione”, ovvero usare l’insieme delle riflessioni che l’individuo è in grado di compiere circa il funzionamento della mente, propria e altrui, ma anche far riferimento all’interpretazione da lui fornita rispetto al compito che svolge, agli aspetti che ritiene importanti , agli obiettivi e alle strategie che si prefigge, ecc… 

Essere coscienti delle proprie capacità, abitudini o preferenze, del senso di insicurezza o di padronanza che certe situazioni ci provocano, così come le emozioni e le motivazioni siano collegate al problema, anche grazie all aiuto di un professionista, permette di essere maggiormente competenti metacognitivamente nel ragionamento e nella quotidianità.. per agire diversamente, cambiando.


Ci avevi pensato?

Soluzione dell’enigma: è possibile usare la scatola dei fiammiferi come supporto inchiodandola al muro e fissarci sopra le candele, facendo colare la loro stessa cera sulla scatola. La scatola viene solitamente pensata nella sua solita funzione e non come supporto o mensola, come in questo caso. 

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Plagio, simulazione, sette


Prendendo spunto da una vicenda televisiva, potrebbe essere interessante fare alcune riflessioni. Si sono sentiti ripetere termini come plagio mentale, setta, controllo mentale, tutti collegati a tre donne apparse recentemente in televisione e a un personaggio di fantasia.

Possibile che si possa essere state vittime inconsapevoli di un plagio mentale e di una setta?

I partecipanti di una setta compiono atti rituali, dai più semplici a quelli più invasivi, con atti fisici e violenze

Sicuramente il recente caso televisivo riporta molte incongruenze, contraddizioni, momenti teatrali, colpi di scena e svolte vittimistiche che rendono la vicenda non credibile.

Tuttavia, il fondamento centrale delle sette si basa sulla persuasione psicologica, ovvero su una provocazione di reazioni comportamentali ed emotive, per indurre ulteriore dipendenza dalla setta, come gli stessi protagonisti riportano.

Nella storia esistono molte cronache di sette, una fra tutte la “famiglia Manson”, responsabile di omicidi, furti e crimini nella fine degli anni ’60 negli Stati Uniti. 
Il leader, Charles Manson, riuscì a raccogliere un elevato numero di adepti, inducendoli a compiere reati ed omicidi efferati. Il meccanismo persuasivo e basato sul terrore non si fermava all’interno della Famiglia Manson, ma proseguiva anche all’esterno: non solo effettuava furti, ma la setta entrava in casa delle vittime e spostava i mobili, solamente per turbare le persone.

Ad un altro livello, il fenomeno del gaslighting è definito come una forma di violenza psicologica nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni o le viene negato che eventi siano mai accaduti o addirittura vi è la messa in scena di eventi bizzarri e insoliti. L’intento è quello di far dubitare la vittima della sua stessa memoria e percezione, disorientandolola e assoggettandola al proprio volere. Il termine gaslighting fa riferimento ad un’opera teatrale, la cui trama racconta di un marito che cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell’ambiente quotidiano, come ad esempio l’affievolimento delle luci a gas, cosa che la moglie accuratamente nota, ma che il marito insiste essere solo frutto dell’immaginazione di lei.

Ma che cos’è il plagio? Cosa sono le sette? 

I leaders delle sette, spesso abili oratori, imprimono nei seguaci la convinzione di possedere un talento o dono speciale

In realtà le sette, o relazioni settarie, non sono sempre collegate al Satanismo: esso è solo un piccolo granello in un universo che include culti e nuovi movimenti religiosi, comunità spirituali, newage, credenze ufologiche, politiche, orientali, magiche o qualsiasi cosa risulti essere più utile per il leader fondatore; in realtà sono relazioni in cui si vuole deliberatamente indurre un’altra persona a divenire totalmente dipendente su questioni importanti della vita, imprimendo nei seguaci la convinzione di possedere qualche talento, dono o conoscenza speciale, come affermava la psicologa Margaret Singer (1995).

Da qui si evince come il fenomeno sia effettivamente molto vario e vasto, divenuto molto prolifico specialmente negli ultimi decenni.

Non sarebbe difficile dunque trovare la “setta” o comunità fatta su misura per noi in questo panorama così esteso. Sono molte le spiegazioni formulate da psicologi e sociologi sul fenomeno, evidenziando che proprio la varietà di riti, credenze alternative e nuove spiritualità costituiscono una risposta ai diversi bisogni. Spesso le sette rappresentano un luogo nel quale le persone si sentono accolte, trovando un’alternativa ad eventuali carenze affettive: non bisogna pensare che esperienze del genere possano riguardare solo gli altri, nessuna delle vittime sapeva cosa avrebbe incontrato.

Alcuni studi tuttavia hanno rilevato delle caratteristiche peculiari degli aderenti alle sette: educazione familiare rigida, esperienze di abuso, bassa autostima e esperienze di delusione; tuttavia non esiste una persona tipo che può appartenervi, in quanto anche in momenti in cui si è più vulnerabili è possibile incappare in una setta, indipendentemente dall’età, gli interessi o lo stile di vita. La loro forza risiede nell’inganno, nell’illusione e nella segretezza, che all’occhio esterno appaiono come gruppi di crescita personale, sostegno religioso o formazione personale.

I leaders delle sette non possiedono conoscenze sulle tecniche di persuasione, per questo procedono per tentativi ed errori, modificando via via le tecniche ed affinando l’approccio. Spesso utilizzano tecniche come trance ed ipnosi per inculcare suggestioni, manipolazione emotiva e lo stravolgimento della storia personale, così da rafforzare l’idea che l’ingresso nella setta ha migliorato la vita del nuovo adepto.

Può essere difficile, ma è possibile uscirne, grazie anche ad un supporto professionale

Contemporaneamente a ciò, la setta può utilizzare delle tecniche di persuasione fisiologica, come movimenti ripetitivi, rituali, tecniche che conducono all’iperventilazione (con stimolazione di vertigini e senso leggero di stordimento), cambiamento della dieta, riposo inadeguato, azioni stressanti e manipolazioni del corpo (spesso dolorose) che producono effetti particolari che vengono interpretati dal leader come segnali “rivelatori” e raggiungimento della beatitudine.

È importante far presente che da tali situazioni è possibile uscirne e ristabilire un equilibrio personale. Nella maggior parte dei casi è necessario un supporto psicologico. In tutti i casi, l’informarsi e il richiedere aiuto, anche professionale, costituiscono sempre una valida arma contro il plagio e la persuasione.

Il caso Phineas Gage



Cambiare personalità è possibile?

Sì, secondo quanto successo nel 1848 a Phineas Gage.

Immaginate di essere un operaio negli Stati Uniti, addetto alla costruzione di ferrovie nel pieno sviluppo del 1850 circa. Immaginate che, durante una giornata di lavoro nel settembre 1848, il vostro supervisore vi chieda di liberare la linea ferroviaria in espansione da rocce e massi. Immaginate quindi di procurarvi la necessaria polvere da sparo, prendere il ferro di pigiatura e di inserire una carica esplosiva nella roccia, pronti per l’esplosione.

L’incidente

Immaginate di ritrovarvi all’improvviso al centro di un capannello di persone, tutte accorse dopo la brutta esplosione “capitata al tizio che doveva liberare il passaggio della ferrovia”, che con occhi sbarrati, si chiedono come mai sia possibile che quel tizio possa parlare, con quell’asta metallica che gli trapassa il cranio. Il ferro di pigiatura, infatti, una lunga asta di metallo, trapassò il cranio di Phineas Gage, distruggendo gran parte del lobo frontale sinistro  del cervello; Phineas già dopo pochi minuti dall’incidente era di nuovo cosciente e in grado di parlare e già dopo tre settimane fu in grado di alzarsi e uscire di casa in modo del tutto autonomo.

Il danno

Le aree del lobo frontale essenziali al movimento e alle funzioni del linguaggio non si danneggiarono, lasciando Phineas in grado di muoversi, parlare e comprendere il linguaggio correttamente. Il danno più significativo nella regione ventromediale è invece il responsabile della maggior parte dei cambiamenti della personalità di Phineas, dando il via a studi sempre più mirati alla localizzazione di funzioni nel cervello.

Phineas Gage morì 12 anni dopo, ma il suo nome rimane tra i casi di studio più famosi in neurologia (“American Crowbar Case”), non tanto per la sua sopravvivenza al danno cerebrale, ma per aver subìto radicali trasformazioni nella sua personalità: familiari ed amici stentavano a riconoscere quel ragazzo divenuto “intrattabile”, emozionalmente instabile, incline alla blasfemia, privo di freni inibitori, incapace di fare previsioni e diventato ormai asociale.

Certo, probabilmente nessuno nelle sue condizioni, con un danno provocato da un incidente sul lavoro, ne sarebbe felice…ma questo non potrebbe spiegare un cambiamento di personalità così forte come quello sperimentato da Phineas. Ciononostante, gli studi su Phineas hanno consentito di approfondire la comprensione scientifica delle funzioni cerebrali e della loro localizzazione nel cervello, soprattutto per le emozioni e la personalità (si presume che da riflessioni teoriche sul caso di Phineas sia stato dato l’avvio a metodi come la lobotomia). Tramite modelli ricostruiti con le nuove tecnologie, è stato possibile ipotizzare che il cambio di personalità di Phineas possa essere riconducibile al danneggiamento di una porzione pari al 10% della materia grigia che permette di ragionare e ricordare.

Chissà perché, ma oggi ci ragionerò un po’ su.

Dr.ssa Sara Verdini, Psicologa e Psicomotricista Funzionale a Firenze

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