Dr.ssa Sara Verdini

Psicologa Psicoterapeuta, Consulente Tecnico e Psicomotricista Funzionale

Tag: simulazione

Plagio, simulazione, sette


Prendendo spunto da una vicenda televisiva, potrebbe essere interessante fare alcune riflessioni. Si sono sentiti ripetere termini come plagio mentale, setta, controllo mentale, tutti collegati a tre donne apparse recentemente in televisione e a un personaggio di fantasia.

Possibile che si possa essere state vittime inconsapevoli di un plagio mentale e di una setta?

I partecipanti di una setta compiono atti rituali, dai più semplici a quelli più invasivi, con atti fisici e violenze

Sicuramente il recente caso televisivo riporta molte incongruenze, contraddizioni, momenti teatrali, colpi di scena e svolte vittimistiche che rendono la vicenda non credibile.

Tuttavia, il fondamento centrale delle sette si basa sulla persuasione psicologica, ovvero su una provocazione di reazioni comportamentali ed emotive, per indurre ulteriore dipendenza dalla setta, come gli stessi protagonisti riportano.

Nella storia esistono molte cronache di sette, una fra tutte la “famiglia Manson”, responsabile di omicidi, furti e crimini nella fine degli anni ’60 negli Stati Uniti. 
Il leader, Charles Manson, riuscì a raccogliere un elevato numero di adepti, inducendoli a compiere reati ed omicidi efferati. Il meccanismo persuasivo e basato sul terrore non si fermava all’interno della Famiglia Manson, ma proseguiva anche all’esterno: non solo effettuava furti, ma la setta entrava in casa delle vittime e spostava i mobili, solamente per turbare le persone.

Ad un altro livello, il fenomeno del gaslighting è definito come una forma di violenza psicologica nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni o le viene negato che eventi siano mai accaduti o addirittura vi è la messa in scena di eventi bizzarri e insoliti. L’intento è quello di far dubitare la vittima della sua stessa memoria e percezione, disorientandolola e assoggettandola al proprio volere. Il termine gaslighting fa riferimento ad un’opera teatrale, la cui trama racconta di un marito che cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell’ambiente quotidiano, come ad esempio l’affievolimento delle luci a gas, cosa che la moglie accuratamente nota, ma che il marito insiste essere solo frutto dell’immaginazione di lei.

Ma che cos’è il plagio? Cosa sono le sette? 

I leaders delle sette, spesso abili oratori, imprimono nei seguaci la convinzione di possedere un talento o dono speciale

In realtà le sette, o relazioni settarie, non sono sempre collegate al Satanismo: esso è solo un piccolo granello in un universo che include culti e nuovi movimenti religiosi, comunità spirituali, newage, credenze ufologiche, politiche, orientali, magiche o qualsiasi cosa risulti essere più utile per il leader fondatore; in realtà sono relazioni in cui si vuole deliberatamente indurre un’altra persona a divenire totalmente dipendente su questioni importanti della vita, imprimendo nei seguaci la convinzione di possedere qualche talento, dono o conoscenza speciale, come affermava la psicologa Margaret Singer (1995).

Da qui si evince come il fenomeno sia effettivamente molto vario e vasto, divenuto molto prolifico specialmente negli ultimi decenni.

Non sarebbe difficile dunque trovare la “setta” o comunità fatta su misura per noi in questo panorama così esteso. Sono molte le spiegazioni formulate da psicologi e sociologi sul fenomeno, evidenziando che proprio la varietà di riti, credenze alternative e nuove spiritualità costituiscono una risposta ai diversi bisogni. Spesso le sette rappresentano un luogo nel quale le persone si sentono accolte, trovando un’alternativa ad eventuali carenze affettive: non bisogna pensare che esperienze del genere possano riguardare solo gli altri, nessuna delle vittime sapeva cosa avrebbe incontrato.

Alcuni studi tuttavia hanno rilevato delle caratteristiche peculiari degli aderenti alle sette: educazione familiare rigida, esperienze di abuso, bassa autostima e esperienze di delusione; tuttavia non esiste una persona tipo che può appartenervi, in quanto anche in momenti in cui si è più vulnerabili è possibile incappare in una setta, indipendentemente dall’età, gli interessi o lo stile di vita. La loro forza risiede nell’inganno, nell’illusione e nella segretezza, che all’occhio esterno appaiono come gruppi di crescita personale, sostegno religioso o formazione personale.

I leaders delle sette non possiedono conoscenze sulle tecniche di persuasione, per questo procedono per tentativi ed errori, modificando via via le tecniche ed affinando l’approccio. Spesso utilizzano tecniche come trance ed ipnosi per inculcare suggestioni, manipolazione emotiva e lo stravolgimento della storia personale, così da rafforzare l’idea che l’ingresso nella setta ha migliorato la vita del nuovo adepto.

Può essere difficile, ma è possibile uscirne, grazie anche ad un supporto professionale

Contemporaneamente a ciò, la setta può utilizzare delle tecniche di persuasione fisiologica, come movimenti ripetitivi, rituali, tecniche che conducono all’iperventilazione (con stimolazione di vertigini e senso leggero di stordimento), cambiamento della dieta, riposo inadeguato, azioni stressanti e manipolazioni del corpo (spesso dolorose) che producono effetti particolari che vengono interpretati dal leader come segnali “rivelatori” e raggiungimento della beatitudine.

È importante far presente che da tali situazioni è possibile uscirne e ristabilire un equilibrio personale. Nella maggior parte dei casi è necessario un supporto psicologico. In tutti i casi, l’informarsi e il richiedere aiuto, anche professionale, costituiscono sempre una valida arma contro il plagio e la persuasione.

Oltre ogni ragionevole dubbio

La simulazione negli ambiti civile e penale

Nell’ormai tanto celebre quanto sfruttato in spiegazioni su fenomeni percettivi, il Triangolo di Kanitzsa (1955) si mostra in tutte le sue contraddizioni, a partire dal suo nome. Sebbene il titolo dell’opera suggerisca la presenza di un triangolo, questi non esiste nel mondo fisico: viene percepito, ma in realtà non c’è, il triangolo non è reale, è una menzogna. Anzi, è un tentativo di simulare un qualcosa che riporta all’esperienza, ma la concezione che si basa su ”esse est percipi ”, ovvero che le cose esistono solo in quanto sono percepite dall’essere umano, rimanda a conseguenze nefaste nel campo scientifico.

Il triangolo di Kanizsa, illusione ottica descritta per la prima volta dallo psicologo italiano Gaetano Kanizsa

Ogni cosa fa presupporre l’esistenza di un triangolo, già il nome stesso con cui l’autore ha sapientemente insinuato un pregiudizio in noi, ma a un esame poco più attento, le prime sicurezze svaniscono e il tutto si mostra come mero tentativo simulatorio. Così quindi come il “non” Triangolo di Kanitzsa, la pratica clinica (e non) porta i professionisti psicologi a prestare sempre più attenzione a fenomeni che si palesano in un modo ma che si rivelano in tutt’altro, come nel campo giuridico e forense in cui tentativi di simulazione di malattia mentale si possono riscontrare negli ambiti sia civile (medico-legali, consulenze tecniche, ecc.) sia penale (false denunce, simulazione in carcere, ecc.). 

In parallelo alla valutazione dell’imputabilità troviamo la possibilità che una malattia mentale sia simulata o che vi sia un’esagerazione di sintomi così come una dissimulazione negli individui sottoposti a perizie e consulenze tecniche, dove tuttavia tale comportamento si colloca in stretto rapporto con altre patologie. Nell’analisi della presenza della simulazione in ambito forense, la prima difficoltà incontrata deriva dal fatto che non risulta possibile dedurre risultati validi ed univoci, in quanto la maggior parte delle ricerche non riguarda il contesto italiano e in ogni caso, le ricerche svolte non hanno avuto gli stessi parametri d’indagine e spesso presentano alla base differenze normative e di prassi che non permettono il delinearsi di una linea omogenea tra loro. Alcune stime della presenza della simulazione nelle valutazioni peritali, infatti, riportano percentuali incluse tra il 13% e il 21% (Rogers, 2008; Pezzuolo & Ciappi, 2014), ma sono tuttavia dati da considerare con le dovute limitazioni già espresse. 

In passato l’attribuzione di simulazione di malattia è stata fatta nei riguardi dei pazienti i cui sintomi non corrispondevano a categorie nosologiche, in altre parole quando i sintomi di un individuo non delineavano nessuna malattia conosciuta; tuttavia ciò che oggi viene considerato patologico in psicologia e in psichiatria è continua evoluzione. Ciò che però riguarda l’ambito forense, la simulazione acquista notevole importanza nel momento in cui il professionista si trova a redigere consulenze tecniche riguardanti per esempio la valutazione per l’affido, la valutazione della genitorialità, la valutazione del danno, delle conseguenze del mobbing, oltre che temi di natura penale come false denunce, fino alla valutazione dell’imputabilità. 

Dr.ssa Sara Verdini, Psicologa e Psicomotricista Funzionale a Firenze

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