Dr.ssa Sara Verdini

Psicologa Psicoterapeuta, Consulente Tecnico e Psicomotricista Funzionale

Tag: autismo

Canali comunicativi

Riprendo da un testo di Cartacci:

Eliana è una bambina con Sindrome dello Spettro Autistico di 3 anni e mezzo: è presente l’evitamento tipico dello sguardo, più orientato all’ambiente e ai materiali presenti che le interessano. Ma l’iniziativa è frenata e l’energia si incanala in una infinità di saltelli e movimenti ritmici. Io, dopo un’attesa paziente, con la voce e poi con un tamburo cerco di rispecchiare più fedelmente possibile la musicalità dei suoi gesti. Questo provoca un’apertura mimica, il sorriso e lo sguardo su di me, e crea un clima di fiducia che mi permette, negli incontri successivi, di osare degli interventi e orientare con più forza la bambina verso gli oggetti che aveva più volte toccato senza usare: nascono così dei giochi condivisi.

🔁Ecco un esempio su come è possibile ricercare un canale comunicativo nel setting infantile, sintonizzandosi poi con i contenuti emozionali del bambino, declinati con canali espressivi diversi. Anche questo è un rispecchiamento (imperfetto!), che permette un processo dinamico e trasformativo.

PS. La foto è illustrativa e non collegata alla didascalia.

Questo è un post del mio profilo Instagram: psicologia.e.psicomotricità

Perché si parla di Spettro dell’Autismo?

L’Autismo, o come meglio definito, la Sindrome dello Spettro Autistico, viene indicato come una “sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita” (Linee guida per l’autismo, SINPIA-2005). Le aree di sviluppo coinvolte son quella dell’interazione sociale, del comportamento e della comunicazione.


👉Nel DSM 5 – Manuale Diagnostico Statistico (DSM V, 2013) è stata concettualizzata e definita una nuova categoria dignostica che, comprendendo un insieme comune di comportamenti, si può adattare alle diverse ed eterogenee presentazioni cliniche individuali. Uno spettro, quindi un insieme eterogeneo di caratteristiche, riflette meglio lo stato attuale delle conoscenza riguardo la patologia e la sua manifestazione clinica che, appunto, può essere altamente eterogenea e differenziata caso per caso, con diversi livelli di gravità


✅Si parla dunque di spettro per indicare la diversità di situazioni e caratteristiche, che vanno lungo un continuum, da lieve a estrema gravità.


👉Presso il mio Studio, in seguito a un inquadramento diagnostico e una valutazione clinico-comportamentale, oltre a un periodo di osservazione, procedo all’individuazione degli interventi attuabili per il bambino. L’intervento viene attivato a seconda delle potenzialità, delle necessità e bisogni del bambino, tenendo presente che una diagnosi precoce può permettere un intervento tempestivo e quindi una migliore prognosi: intervenire subito significa dare la possibilità al bambino di avere gli strumenti necessari per far fronte alle varie fasi di crescita.

✅Mai attendere che fattori o situazioni “problematiche” si risolvano da sole: nella maggior parte dei casi non è così, anzi! Alcuni aspetti potrebbero aggravarsi, rendendo più difficile un intervento futuro.

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2 Aprile 2021 – Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo

Se hai incontrato una persona con Autismo, hai incontrato una persona con Autismo.

dr. Stephen Shore

Il termine “Autismo” venne utilizzato per la prima volta nel 1911 dal medico svizzero Bleuler, per indicare la condizione di ritiro in se stessi di alcuni pazienti di cui si occupava.

Successivamente sia Kanner nel 1943, sia Asperger nel 1944, pubblicarono articoli che tentavano di descrivere condizioni particolari che avevano osservato sia in bambini che in adulti. Fu proprio Asperger a proporre un primo approccio pedagogico e clinico, mirato al trattamento dei disturbi dello Spettro autistico, evidenziando la necessità di strategie e strumenti di educazione speciale.

La terminologia per indicare tale condizione di Autismo si è evoluta nel tempo e ad oggi si fa riferimento a una Sindrome dello Spettro Autistico, ovvero una “sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita” (Linee guida per l’autismo, SINPIA-2005).

Le aree di sviluppo coinvolte sono quella dell’interazione sociale, l’abilità di comunicare idee e sentimenti e capacità di stabilire della relazioni con gli altri.

Anche il comportamento è implicato, oltre agli interessi che appaiono generalmente ristretti e ripetitivi.

Perché si parla di “Spettro”?

Nel DSM 5 – Manuale Diagnostico Statistico (DSM V, 2013) è stata concettualizzata e definita una nuova categoria diagnostica che, comprendendo un insieme comune di comportamenti, si può adattare alle diverse ed eterogenee presentazioni cliniche individuali. Uno spettro, quindi un insieme eterogeneo di caratteristiche, riflette meglio lo stato attuale delle conoscenza riguardo la patologia e la sua manifestazione clinica che, appunto, può essere altamente eterogenea e differenziata caso per caso, con diversi livelli di gravità.
Si parla dunque di spettro per indicare la diversità di situazioni e caratteristiche, che vanno lungo un continuum, da lieve a estrema gravità.

Per effettuare una diagnosi di autismo è necessario:

  • determinare il livello cognitivo
  • determinare lo sviluppo del linguaggio
  • valutare se il comportamento è adeguato per l’età cronologica, mentale, di sviluppo del linguaggio
  • identificare ogni condizione organica
  • considerare eventuali fattori psicosociali rilevanti


Chi può fare diagnosi?

La diagnosi viene generalmente svolta dal Neuropsichiatra Infantile e dallo Psicologo, che attraverso l’uso di test, colloqui e osservazioni, possono valutare lo sviluppo della persona.

Quando fare diagnosi?

Generalmente, già prima dei 3 anni di età è possibile individuare aspetti del comportamento, dell’interazione, del linguaggio e dello sviluppo in generale che possono condurre verso una diagnosi di Sindrome dello Spettro Autistico. Tramite il contatto con il pediatra, è possibile procedere con visite e colloqui presso la Neuropsichiatria Infantile dei Servizi Sanitari di riferimento.

Ricordo che una diagnosi precoce, comporta un intervento precoce, con migliori condizioni prognostiche.

..Cosa osservare?

Caratteristiche legate all’età

Vi può essere una difficoltà nella diagnosi precoce, dovuta all’estrema variabilità della presentazione sintomatologica nei diversi bambini. Nonostante tali criticità, circa il 90% dei genitori comincia a notare delle anomalie entro i 24 mesi (De Giacomo e Fombonne, 1998): le maggiori preoccupazioni che riferiscono infatti riguardano il ritardo del linguaggio, la preoccupazione che il bambino possa avere dei problemi di udito oppure che il comportamento può variare da “troppo buono” a “eccessivamente irritabile”. Esistono in linea generale alcuni comportamenti da osservare:

Età precoce 0 -36 mesi

  • difficoltà a stare in braccio o a tollerare il contatto fisico
  • mancanza di sorriso in risposta a un sorriso sociale
  • difficoltà nel dirigere l’attenzione del bambino su un oggetto o un evento interessante
  • scarsa risposta alla voce dei genitori
  • movimenti stereotipati o attività ripetitive (allineare oggetti, routines fisse)
  • apatia o iperattività
  • gioco spesso sensoriale (i giochi vengono messi in bocca, annusati, vengono osservati nei loro movimenti, tipo le ruote di macchinine, nastri,..)
  • gioco di finzione assente o scarsamente presente (far da mangiare alla bambola,..)
  • non risponde al suo nome
  • non segue le indicazioni
  • scarso contatto oculare
  • prende gli oggetti da solo, è molto indipendente
  • ha crisi di collera e aggressività
  • non sa come usare i giocattoli
  • presenta strani movimenti
  • è ipersensibile a certi materiali o a certi suoni
  • cammina in punta di piedi

Età scolare

  • scarso interesse per i coetanei
  • tendenza all’isolamento
  • tendenza a prendere la mano dell’adulto senza contatto oculare per indirizzarlo verso un oggetto che non riesce a raggiungere da solo
  • difficoltà nello sguardo diretto

Adolescenza

  • repentine variazioni comportamentali
  • impulsività
  • scarso investimento nella relazione
  • oscillazioni del tono dell’umore

Nella maggior parte dei casi, vi sono diagnosi associate, come ad esempio ritardo mentale, che può variare da lieve a grave. Anche i sintomi comportamentali possono variare, così come la capacità attentiva, l’impulsività, risposte peculiari a stimoli sensoriali e anomalie relative all’alimentazione e al sonno.

Quando e come intervenire?

In seguito a un inquadramento diagnostico e una valutazione clinico-comportamentale, oltre a un periodo di osservazione, si procede all’individuazione degli interventi attuabili per il bambino. L’intervento viene attivato a seconda delle potenzialità, delle necessità e bisogni del bambino, tenendo presente che una diagnosi precoce può permettere un intervento tempestivo e quindi una migliore prognosi: intervenire subito significa dare la possibilità al bambino di avere gli strumenti necessari per far fronte alle varie fasi di crescita.

Mai attendere che fattori o situazioni “problematiche” si risolvano da sole: nella maggior parte dei casi non è così, anzi! Alcuni aspetti potrebbero aggravarsi, rendendo più difficile un intervento futuro.

Quali interventi?

Come per la maggior parte di difficoltà infantili, l’intervento più adeguato nella Sindrome dello Spettro Autistico è di tipo multidisciplinare: unire e creare un intervento coeso e coerente, aiuta sia il bambino sia la famiglia nello sviluppo e nella crescita.

La coesione di interventi come quello psicologico, psicomotorio, psicoeducativo, logopedico, sportivo,….

Per tale motivo una collaborazione tra diverse figure professionali permette un’approccio su più livelli, con metodologie diverse ma con obiettivi comuni. Ecco che dunque l’alleanza tra i diversi attori coinvolti è necessaria nell’intervento PsicoEducativo, sia con i diversi professionisti (Psicologo, Neuropsichiatra, Educatori, Insegnanti..) sia con la famiglia e i genitori, i “migliori esperti” del bambino.

Costruire una buona alleanza significa dare la possibilità a tutte le persone coinvolte di riconoscersi ed operare nel rispetto della crescita e dello sviluppo dell’altro, in un sistema protettivo e stimolante, favorendo l’apertura alla comunicazione, all’interazione positiva e all’autodeterminazione.

Dr.ssa Sara Verdini, Psicologa e Psicomotricista Funzionale a Firenze

Via del Palazzo bruciato, 7 B - Firenze

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